Il tema della morte :Testimonianza e riflessioni di Gabriella Lavorgna dal suo libro”Lo specchio dell’anima”
Il tema della morte accomuna gli Esseri umani nell’elaborare riflessioni e rappresentazioni del più significativo momento della vita di ciascuno, ma non è traducibile in alcuna esperienza di vita, se non solo quella della morte di un altro essere, che addolora nella misura proporzionale dei sentimenti che si provano per la persona che viene a mancare nella tua vita. Il motivo per cui non riusciamo ad accettare la morte è dovuto al fatto che per istinto rifiutiamo l’idea che ci venga strappato quel qualcuno cui siamo legati per motivi affettivi. Allo stesso tempo ne abbiamo paura perché ne ignoriamo i risvolti, pur consapevoli che la morte fa parte della vita, in quanto essa ne è un aspetto fondamentale, ineluttabile, determinato dal concetto che tutto ha un inizio e una fine. La vita e la morte sono aspetti naturali che andrebbero vissuti in maniera naturale, secondo le leggi della natura. E nella natura la morte, in realtà, non esiste se non come forma di passaggio. Tutto è trasformazione. Vita e morte, nell’ottica della complementarietà dei contrari, sono un’unica realtà imprescindibile e fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l’inizio né la fine. Ma come in tutte le esperienze luttuose, che la vita ci riserva, i fragili sentimenti umani si ribellano all’accettazione passiva della perdita delle persone più care, quali un genitore, un amico, un figlio. Ci sono delle tappe alle quali si è obbligati sottostare, perché il lutto va vissuto anche alla luce delle varie credenze religiose, per poter colmare il senso di vuoto psichico, emotivo, fisico, determinato dall’aver perso saldi punti di riferimento. Questo percorso prevede tempi adeguati, stati emotivi intensi e contrastanti per l’accettazione della perdita, l’adattamento ad una vita cambiata, il coinvolgimento in nuovi interessi o in lavori e progetti che compensano il riemergere dalle macerie. Professare una religione, la cui affermazione comune a tutte le altre sul problema della morte è quella dell’ immortalità dell’anima, costituisce un grande motivo di consolazione. Differente è, tuttavia, nelle religioni, il rapporto tra l’anima e il corpo e la concezione della vita dopo la morte. Molte religioni ritengono che l’anima debba passare attraverso una lunga catena di reincarnazioni prima di raggiungere la liberazione. Gli induisti e i giainisti credono che dopo la morte ogni creatura si reincarni in un altro corpo, vegetale, animale o umano che sia. Lo scorrere delle esistenze è visto come un dramma dal quale si desidera liberarsi. La liberazione – o moksha – consiste nella scoperta dell’illusorietà della propria identità individuale (atman), per ricongiungersi con il brahman, che è l’Uno indivisibile. Secondo i buddhisti, per 49 giorni dopo la morte l’individuo va errando tra il mondo dei morti e quello dei vivi; dopodiché il meccanismo del karma decide in quale corpo si reincarnerà. Come per gli induisti, l’obiettivo ultimo dei buddhisti è di porre fine al ciclo ininterrotto delle rinascite per raggiungere l’estinzione delle sofferenze, o Nirvana.
Per le religioni tradizionali cinesi non vi è una separazione netta tra il mondo dei vivi e quello dei morti: i morti non abbandonano il mondo dei vivi, ma diventano antenati e, come tali, continuano a partecipare alla vita quotidiana della propria famiglia d’origine, proteggendo e guidando i discendenti. Secondo le religioni tradizionali africane, i morti non si ritirano in una sfera ultraterrena, ma continuano a intervenire nella vita dei discendenti sotto forma di “spiriti protettori”. I testi di ciascuna appartenenza religiosa trasmettono indicazioni di comportamento morale, funzionali alla vita di relazione sociale, ed è sulla base dell’osservanza di tali comportamenti che le persone fondano un’attesa fiduciosa della propria immortalità e del meritato paradiso.
Per quel che mi riguarda ho scelto, meditato e praticato un mio personale percorso spirituale costruendo fede e fiducia nella vita oltre la vita. L’esperienza traumatica della perdita dei miei genitori, vissuta in età giovanile, incisiva e devastante nella sua connotazione, mi ha portato lungo molte strade, alla ricerca di una risposta soddisfacente che potesse lenire un simile e travolgente dolore. La fede cattolica, che mi aveva accompagnato sin da bambina, nell’affermazione che la morte è un passaggio doloroso, ma che conduce ad una nuova vita, alla beatitudine eterna, senza più sofferenze, nè mali ed ingiustizie, in comunione completa con Dio, è stata al momento di gran conforto, ma non è stata una motivazione sufficiente quando la sopraffazione della sofferenza molto spesso, tramutandosi in disperazione, ha dato luogo a crolli psicologici, che veleggiavano nel mare dei dubbi e delle incertezze…..
Era l’epoca in cui emergeva la parapsicologia, quale disciplina che cercava di studiare la fenomenologia, appartenente alla sfera dello spirito, inspiegabile da un punto di vista scientifico-razionale, relativa ai poteri psichici, all’interazione tra fede e ragione , al mondo dell’aldilà come sopravvivenza alla morte.
Attratta da queste tematiche per comprendere i misteri della vita e della mente umana, quali la telepatia, la precognizione, la medianità, in considerazione del fatto che in me, sin dall’età infantile, si erano manifestati molti segnali in tal senso, mi iscrissi all’ Accademia Tiberina, dove ricercatori qualificati approfondivano tali argomenti, e in tale sede ebbi l’opportunità di vivere in prima persona esperienze dirette, quali lo spiritismo, che mi fornì informazioni utili alla mia sete di sapere. Una delle più significative è stata quella di aver compiuto un viaggio astrale, ovvero un viaggio multidimensionale di stato di coscienza che prevede il distacco anima- corpo, dandomi l’opportunità di sperimentare la sensazione che si potrebbe provare in stato di morte, capirne la dinamica, togliendomi al contempo la paura per la sua non esistenza. Conobbi casualmente un medico il quale, poiché mi dibattevo ancora negli strascichi delle mie prove, mi parlò delle sue sperimentazioni, condotte con pratiche ipnotiche su vari pazienti in cura per problemi di carattere esistenziale e dei suoi successi terapeutici ottenuti con tali sistemi. Attratta dai racconti del medico accettai il suo invito ad assistere in veste di osservatrice ad una riunione con altri professionisti del settore. Egli mi tranquillizzò sullo svolgersi della seduta dicendomi che non sarebbe accaduto nulla di pauroso, dato che avevo espresso per diffidenza ed ignoranza le mie remore di natura razionale circa il voler assistere a sedute spiritiche…Ma al momento di osservare, in maniera critica e distaccata , ciò che gli astanti stavano compiendo, ovvero recitando preghiere rivolte ad entità angeliche, a me sconosciute, accadde che il medico, colto da uno stato di trance, rivolgendosi a me , iniziò a parlare con una voce cavernosa, non certo la sua, e contemporaneamente a descrivere su carta particolari segreti della mia vita che né lui nè alcun altro poteva conoscere ….All’istante, incredula e allibita, ho iniziato a provare uno strano malessere, che cresceva man mano, mai provato, non somigliante a un dolore fisico, con la percezione che una forza energetica molto pressante volesse impadronirsi del mio corpo, che per paura opponeva resistenza al lasciarsi andare, fino al punto che, allo stremo delle forze vitali, ho avuto la sensazione di fare un salto nel vuoto e poi sgusciata dall’involucro materiale, come crisalide che esce dal bozzolo, mi sono ritrovata fuori dalla sfera sensoriale, distaccata da ogni sensazione corporea, in una dimensione del tutto coscienziale. Ero perfettamente consapevole di quanto mi stava accadendo, avevo una visione molto chiara nella quale le funzioni cognitive, le emozioni, il senso di identità ed i ricordi della prima infanzia erano presenti, così come la percezione proveniente da una posizione esterna, al di sopra del mio corpo. Ero “inerte come un sacco vuoto”.
Ho descritto l’uscita dal tunnel, ho visto larghe estensioni di luce, luoghi e fatti a me sconosciuti, l’incontro con entità spirituali e la forma eterica dei miei genitori che mi invitavano a tornare indietro per tante missioni da compiere ancora sulla terra, non essendo ancora arrivato il mio momento. In quello stato di pura felicità tutti i problemi, connessi alla sfera esistenziale, erano spariti , al punto da non voler più rientrare in quella prigione che si chiama vita corporea ! Sentivo, però che un unico legame mi trascinava all’indietro per rientrare nel mondo fenomenico ed era l’esistenza di mia figlia ancor in fase di crescita.
Questa forte esperienza è stata l’inizio della mia trasformazione, per avermi mostrato gli elementi basilari per sintonizzare la mia coscienza in una “consapevolezza nello stato di veglia”. “La coscienza, che abbiamo durante le nostre attività quotidiane, riduce tutte le informazioni ricevute ad una verità singola che interpretiamo come ‘Realtà’. Durante le esperienze di premorte, comunque, i pazienti non sono limitati dai loro corpi o dalla coscienza, il che significa che vivono in molte realtà diverse” . Capisco ora che la coscienza è la base della vita, e la nostra vita è fatta principalmente di compassione, empatia ed amore,”afferma il Dottor Van Lommell, cardiologo olandese, il quale, dopo aver analizzato numerosi casi di “esperienze di pre-morte” è giunto alla conclusione dell’esistenza dell’anima e della prosecuzione della vita dopo la morte fisica.
Nel merito, quando svolgevo assistenza ai malati terminali presso strutture ospedaliere come servizio di volontariato, ho raccolto numerose testimonianze, oltre la mia sopracitata, per aver assistito a narrazioni di pazienti, che, al loro risveglio da arresti cardiaci o stati di premorte, hanno riferito ai medici soccorritori, e con dovizie di particolari, il passaggio intercorso tra la vita e la “morte clinica”. In virtù di quanto ho potuto apprendere, ho applicato queste mie conoscenze in termini pratici, relazionandomi con malati in punto di morte, per prepararli ad un dolce distacco, come, ad esempio, è avvenuto in occasione dell’immatura scomparsa di mia cognata Nicoletta. In quell’occasione, radunai tutta la famiglia, marito, figli e parenti al suo capezzale, per accompagnare con Amore la sua anima nel momento del trapasso.
In Occidente, al contrario dell’Oriente , non c’è una vera ed appropriata cultura per la preparazione alla morte , anzi si tende ad evitarla per sfuggirne la visione dolorosa. La classe medica cura il corpo ma non l’anima nel cruciale momento della separazione della stessa dal corpo, parte quest’ultima riservata alla sfera spirituale del paziente. Lo stato vigile della coscienza è sempre presente, anche in stati comatosi o di non funzionalità del cervello, ragion per cui la trasmissione telepatica ”da cuore a cuore” è l’unico canale di comunicazione tra l’aldiquà e l’aldilà, dove la linea di demarcazione è illusoria, dato che nell’ Universo tutto è sincronico ed interconnesso .La differenziazione sta proprio nella multidimensionalità dei vari stati di coscienza . La legge del distacco è iscritta nella mappa dell’esistenza umana, ed accompagna la storia di ogni essere vivente.
Ho rafforzato questa mia pregressa convinzione, nell’insegnamento illuminante, ricevuto dal Maestro spirituale Sai Baba, che invita a riconoscere il proprio Sé divino, come contenitore della Coscienza Universale, per risvegliare la consapevolezza della propria vera identità, al fine di raggiungere la felicità senza imbattersi nella sofferenza e senza pagare alcun prezzo in cambio. La vita è contrassegnata dal senso del limite che ne colora ogni esperienza.