Il vegetarianesimo, di Arthur Osborne
Il Bodhisattva … desideroso di coltivare la virtù dell’amore, non dovrebbe mangiare carne, per non causare terrore agli esseri viventi. Quando i cani vedono, anche a distanza, un paria, che ami mangiare carne, sono terrorizzati e pensano: ‘Sono portatori di morte e ci uccideranno!’ Anche gli esseri più piccoli che vivono sulla terra, nell’aria e nell’acqua, hanno un senso molto fine dell’odorato e scoprono a distanza l’odore dei demoni nei mangiatori di carne, e fuggono il più velocemente possibile dalla morte che li minaccia.
Ci sono benefici derivanti dal non mangiar carne?
O forse la questione andrebbe posta diversamente: ci sono danni derivanti dal mangiar carne? Non considero la questione dal punto di vista medico ma solo da quello spirituale. Il corpo non è solo un contenitore: finché si resta individui, il corpo è parte di quell’essere, e, come afferma singolarmente De la Mare: “E’ molto strano, quanto può essere strano, che ogni cosa che mangia Miss T. diventa Miss T.”.
Svariati sentieri spirituali includono discipline fisiche, mentali ed emozionali, mirando a una totale armonizzazione. Da un lato, le vibrazioni prodotte da una tecnica spirituale influiscono sul corpo, dall’altro, lo stato del corpo può facilitare o impedire il progresso spirituale. La dieta, perciò, non è un fattore indifferente.
Dal punto di vista teorico, c’è qualche argomento a favore del mangiar carne, ma molti di più contro. In favore, si può dire che il corpo opera una sorta di alchimia con la quale gli ordini di vita più bassi sono trasformati in più alti. Ma, a favore dell’astensione, c’è la considerazione che le essenze sottili del cibo ingerito vengono assorbite insieme alla sostanza fisica, e perciò chi mangia carne tende a fortificare le sue tendenze animali. Inoltre, la compassione vieta che si debba pretendere che altre creature perdano la loro vita per nutrirci. Questa l’azione di Vairagya, l’egalitarismo che è così importante nella ricerca della Realizzazione.
L’esame formale delle varie religioni presenta alcune difformità. Gli Ebrei possono mangiare qualsiasi carne tranne il maiale e possono bere alcool. Per i Mussulmani sono vietati sia il maiale che il vino. Il bando si estende anche agli animali non ruminanti. Escludendo ciò, comunque, l’affermazione del Corano che Dio ha creato gli animali come cibo per l’uomo sembra implicare che il cibo animale non solo è permesso, ma imposto.
Un’osservazione di Sant’Agostino dimostra che, nei primi secoli del Cristianesimo, il bando degli animali non ruminanti era osservato anche dai Cristiani. Ciò viene spiegato simbolicamente comparando tali animali alle persone che inglobano le informazioni senza ruminarci su, implicando, in tal modo, che le qualità sottili degli animali vengono assorbite.
I Cinesi, come i Cristiani dei secoli successivi, non hanno restrizioni. Gli Ariani Vedici, e gli Hindù fino all’avvento di Buddha, mangiavano carne, anche il manzo, e bevevano alcol. Al giorno d’oggi i Bramini (tranne quelli occidentalizzati) sono vegetariani e astemi. Allo stesso modo si comportano alcune caste che cercano di assimilarsi ai Bramini. Gli Kshatriyas e la maggior parte delle caste basse sono carnivori. Anche tra i Bramini il vegetarianesimo può essere diversamente interpretato: un Bramino Bengali mangia pesce, mentre un Bramino ortodosso dell’India meridionale si astiene anche dalle uova. Buddha, che viveva in una comunità carnivora, permetteva ai suoi seguaci di mangiar carne purché gli animali non fossero stati uccisi appositamente per loro.
Tali diversità sono dovute al fatto che, per questioni fisiche come il cibo assunto, i differenti movimenti di influenza spirituale richiedono modalità differenti di adattamento.
Per scopi pratici, la questione importante se, al giorno doggi, ci sia un qualunque regime adatto per gli aspiranti in generale, e se sì, quale, poiché le regole che governano l’azione non sono statiche ed eterne. I cambiamenti nelle condizioni di vita richiedono nuovi adattamenti, come si può vedere, per esempio, nella graduale adozione del vegetarianesimo nell’Induismo. In qualche modo, le differenti religioni ancora osservano i loro separati precetti, ma ci sono varie indicazioni che, per gli aspiranti in generale, e certamente per quelli che non seguono la stretta ortodossia di una qualche religione, il vegetarianesimo è indicato. Spesso si incontrano aspiranti che trovano spontaneamente che il loro sentiero porta a un punto dove sentono un’avversione interna per la carne o anche un’incapacità fisica ad assumerla. Proprio oggi, mentre stavo scrivendo questo articolo, ho ricevuto una lettera che mi diceva: Lui stesso ha smesso di mangiare cibo animale perché il suo corpo improvvisamente ha rifiutato di accettarla, e all’inizio non riusciva a capire e cercava di ribellarsi, finché ha gradualmente capito che questo potrebbe essere un segno di evoluzione spirituale.
E’ degno di nota anche il fatto che la maggior parte degli ashram Hindu, indifferenti all’ortodossia in generale a un livello impensabile in tempi precedenti, sono molto precisi per quanto riguarda il vegetarianesimo. I principali esempi di questo atteggiamento sono Sri Ramanasramam and Anandashram, l’ashram del defunto Swami Ramdas. Per i visitatori occidentali viene preparato cibo speciale, ma sempre vegetariano.
Ma soprattutto Maharshi ha sempre rifiutato, in generale, di dare istruzioni per la disciplina fisica. Quando gli è stato chiesto qualcosa riguardo le posizioni per la meditazione, ha detto semplicemente: “La mente rivolta in un’unica direzione la sola posizione giusta.” Quando gli è stato chiesto del celibato, non l’ha imposto, ma ha detto che anche le persone sposate possono ottenere la Realizzazione. Ma quando gli è stato chiesto della dieta, ha prescritto con enfasi il vegetarianesimo: “La dieta regolata, limitata a quella sattvica (cioé pura e vegetariana), presa in quantità moderate, la migliore delle regole che può condurvi allo sviluppo delle qualità sattviche della mente, che, a loro volta, sono di aiuto nella pratica dell’auto-introspezione“.* Il passaggio citato continua con una signora occidentale che chiede una concessione speciale per gli occidentali e Bhagavan che rifiuta. Bisogna aggiungere che nel ‘cibo sattvico’ Maharshi include il latte, sebbene sia un prodotto animale, ma non le uova, che sono considerate troppo stimolanti o rajasiche.
Era caratteristico di Bhagavan che non avrebbe mai imposto il vegetarianesimo a qualunque devoto a meno che non fosse esplicitamente interpellato al riguardo, ma, una volta che gli venisse domandato, era categorico. E’ accaduto spesso nella sua vita, e ancora accade, che, sebbene non venisse loro richiesto, i suoi devoti sviluppassero quell’avversione per il cibo animale che ho citato come caratteristica generale dell’aspirante moderno.
In conclusione, si può affermare in maniera definitiva che il vegetarianesimo fa bene a quelli che seguono un sentiero spirituale nel mondo moderno, e specialmente a quelli che aspirano a seguire il sentiero di Maharshi.
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* The Teachings of Ramana Maharshi in His own Words, p. 157 delle edizioni Rider & Co., e p. 200 delle edizioni Sri Ramanasramam.