Francesco d’Assisi, lo yoghi dell’amore cosmico, ponte tra Oriente ed Occidente di Gabriella Lavorgna
Il Mandir della Pace, nel ringraziare la città ospitante di Assisi, l’Amministrazione Comunale, il Centro Internazionale per la Pace tra i popoli, l’Ufficio di sostegno alle Nazioni Unite, e quanti altri si sono prodigati nello svolgimento del meeting ”L’Oriente incontra l’Occidente per una civiltà di Pace”, nell’intento di rendere onore alla figura del grande taumaturgico Francesco d’Assisi,nel giorno a lui dedicato (4 ottobre), invia un messaggio, tratto dall’insegnamento e dall’esempio di questo modello di respiro universale, a tutte le coscienze, perché riconoscano l’essenza divina in esse contenuta, per la costituzione di “Un nuovo cielo, una nuova terra, un’unica anima”.
Tra i grandi Iniziati di tutti i tempi rimane luminoso il “Poverello d’Assisi” il quale nella sua vita introspettiva scoprì dal di dentro i segreti del Regno di Dio, guidato e pilotato dalla luce del Logos, di quella stella polare che col suo raggio ha orientato i mammiferi nati da Adamo e da Eva trasformandoli in Santi, Saggi e profeti.
Egli visse da povero anziché predicare da una posizione di potere e di ricchezza; testimoniò la sua parentela con Gesù col seguire le sue orme, anziché dogmatizzarlo ed imprigionarlo con catene ancora più strette di quelle con cui Egli fu legato dai Farisei del suo tempo.
Fariseismo, sacerdotalismo, dogmatismo, intolleranza, imperialismo religioso, economico, e politico, manovre diplomatiche e ogni forma di intimidazione, anatemizzazione, inquisizione e roghi son tutti ormai storia del passato dopo che Papa Giovanni XXIII ha aperto le porte e le finestre della chiesa a ogni luce che venga da qualsiasi parte del mondo.”Ut Unum sint”, affinché siamo tutti Uno nel Padre Celeste.
La vita e gli ideali di Francesco d’Assisi sono sintetizzati in una preghiera a lui attribuita e diffusa in tutto il mondo :
“O signore fa di me uno strumento della tua Pace.
Dov’è odio, ch’io porti Amore,
Dov’è offesa, ch’io porti Perdono
Dov’è discordia, ch’io porti Unione
Dov’è dubbio, ch’io porti Fede
Dov’è errore, ch’io porti Verità
Dov’è disperazione, ch’io porti Speranza
Dov’è tristezza ch’io porti Gioia,
Dov’è tenebra, ch’io porti Luce,
fa che io non cerchi di essere consolato,
ma di consolare
di essere capito
ma di capire
di essere amato
ma di amare.
Perché è dando che si riceve
È perdonando che si è perdonati
è morendo che si risorge a Vita Eterna ”
Questo canto è la quintessenza della vita spirituale scaturita dalla profondità “atmica“ del Santo S. Francesco, dopo la sua conversione dalla vita dei sensi ai valori imponderabili dello spirito, approdò nel seno di Dio e continuò il suo viaggio nell’eterno irradiando una luce che rischiarava l’orizzonte di coloro che cercavano un’isola di tranquillità in mezzo alla irrequietezza del mondo.
Nel silenzio della loro meditazione, con senso del dovere verso se stessi e verso il prossimo, in quella forza imperscrutabile, che è energia inesauribile ed intelligenza cosmica, essi trovarono la chiave del regno
dei cieli; di un regno dei cieli non più racchiuso nelle mani di questa o di quella autorità, sia essa spirituale o terrena, ma nell’intima profondità della loro anima, dentro la quale risiede lo Spirito vivente, il pneuma, di cui l’anima vivificatrice è il Logos, la Consapevolezza di se stesso e dell’Eterno donde scaturisce l’Amore Sostanziale, lo Spirito Santo.
Così il Santo chiude in se stesso il cerchio delle relazioni trinitarie,raggiungendo l’altra sponda della vita dove vi è gioia senza dolore, amore senza odio, tranquillità benigna, serenità serafica.
Noi ritroviamo S. Francesco sulle strade dell’India proprio perché egli ha percorso lo stesso sentiero che intraprendono i Santi della disciplina Bhakti (yoga dell’amore divino), cioè la via della meditazione introspettiva, del silenzio, della preghiera e dell’effusione amorosa del cuore nella vita di Dio.
Tra i grandi dell’Occidente, dopo Platone, Plotino, Filone, Pitagora ed altri della Grecia antica, l’unico santo cristiano che psicologicamente e spiritualmente realizzi “un Ponte tra l’Europa Cristiana ed il mondo indo-buddista” è certamente S. Francesco.
La vita e gli ideali del santo di Assisi sono talmente prossimi alla psicologia e alla filosofia orientale che Dante, parlando di lui e della sua città natale così si esprime:
“Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi che direbbe corto, ma Oriente se proprio dir vuole”(Par.C IX-52)
inoltre il Poverello adottò il modo di vivere, di pensare, di agire proprio dei fakiri e dei Sannyasin dell’India; essi vestono di stracci, hanno come tetto il cielo, come letto la madre terra, sentono la fratellanza universale con tutte le creature del regno minerale, vegetale, animale, tutte uscite dalla mano di Dio.
Come i fakiri dell’India, Francesco visse alla giornata, senza preoccuparsi per l’indomani, mettendo in pratica le parole del Cristo che ci insegnò a non turbarci per il futuro, che è solo incertezza.
“Tutto è nelle mani del Padre Celeste, di cui gli uomini sono figli, che provvede a tutto il creato.”
Francesco, come i Sadhu (rinuncianti) dell’India, visse nel completo distacco dalle cose effimere, dalle ricchezze caduche ed evanescenti ;
Studiando la vita dei Santi della scuola Bakti, viene spontaneo il parallelo con la sua vita ed il suo messaggio, nello sfidare il convenzionalismo della chiesa, la fastosa eleganza dei preti e dei monaci di allora abbracciando volontariamente la povertà per liberare lo Spirito dalla prigione del corpo, per la risurrezione dell’anima alla vita immortale dell’Eterno, nel calore di quella fede appassionata, di quell’oblio completo di se stessi nell’immensità amorosa di Dio che rappresenta la Bhakti (devozione) degli Hindù.
Pur non speculando sulla Realtà Suprema come fecero gli eremiti, i Rishi, i saggi contemplativi, autori delle scritture indiane, Francesco giunse ugualmente al porto della Pace, della gioia e dell’Amore divino per il sentiero che tanti santi percorsero nell’induismo, nel buddismo, nell’Islam, nel jainismo, nel sikkismo e nello zoroastrismo.
Nella vita gnostica del Vedanta l’Io individuale viene svuotato completamente ed il conseguente vuoto viene riempito con l’Io eterno di Colui il quale rivelò a Mosè dicendo: ”Io sono Colui che sono”.
Nel sentiero della Bhakti, della devozione amorosa verso un Dio personale, l’Io rimane Io, come servo di Dio e come uno dei figli di Dio.
Quando questo Amore Universale viene realizzato nella vita di un santo allora il suo comportamento cambia, come cambia il suo atteggiamento verso gli altri e verso la vita.
L’uomo nato da uomo e da donna, poi rinato in Dio, superati i frutti della concupiscenza e dell’amore ormonale, diventa Uno coll’Amore che è Dio,fondendosi con esso.
Noi ritroviamo i passi di Francesco nelle strade dell’India, paragonandolo ad un Sanyasin (eremita) dalla perfezione profetica spirituale. Il monaco è colui che realizza la perfezione da solo, nel silenzio e nella solitudine, un uomo che si è emancipato da tutti i condizionamenti della carne e delle passioni, dai legami di ogni forma del corpo grossolano e del corpo sottile, ed è entrato nel santuario dell’Altissimo, immedesimandosi colla vita dell’Eterno.
S Francesco per gli indiani è più di un monaco, un eremita, è un Paramahansa, un fondatore di una scuola di spiritualità redentrice, un profeta che ha un messaggio per l’umanità, un vangelo di salvezza e di emancipazione, di gioia e di liberazione per tutta l’umanità, come lo fu Yogananda o Ramakrishna.
Come Swami Vivekananda portò il messaggio di Ramakrishna di Calcutta, così la famiglia religiosa di S. Francesco portò l’idealismo francescano attraverso il mondo. S. Francesco, pur non avendo mai visitato l’India, ha lasciato orme indelebili nei cuori e nelle anime degli indiani lungo i secoli e ai giorni nostri ; ciò è dovuto al fatto che il popolo indiano, che tuttora detiene la supremazia religiosa e filosofica del mondo, avendo capito l’Amore Universale,la cattolicità spirituale e la missione profetica di Francesco, lo ha apprezzato e seguito.
Ma il legame più forte è lo yoga dell’Amore Universale, il Bhakti Yoga, lo yoga che ci unisce a Dio attraverso lo sviluppo dell’Amore divino, germe latente in tutti gli uomini.
Patanjali, il maestro della scuola filosofica dello yoga, ha tramandato alla posterità in 195 aforismi, la psicologia scientifica, cioè la Scienza psicologica dello yoga.
Questa antica saggezza ci fa rinascere realizzando la vera identità di figli dell’Altissimo, creati a sua immagine e somiglianza.
L’uomo vero infatti non è quello simile al mammifero antropoide ma a una scintilla, emanata dall’Eterno Io dell’ Universo.
Riscoprire questa vera identità è lo scopo supremo della religione e della filosofia, l’identità esoterica, invisibile, quella divina per il fatto che ontologicamente l’uomo è un raggio di Dio, un ‘immagine della stessa sostanza, una goccia dello stesso Oceano.
Le parole di S.Paolo ”Noi siamo della razza di Dio” uguali a quelli del poeta Arato ”Genus Dei sumus” sono molto care all’India perché rispecchiano la filosofia vedantica.
Lo yoga, uno dei sei sistemi filosofici dell’India, ha un messaggio perenne per la famiglia umana perché questa scuola di pensiero ci indica la via più breve, più sicura, più scientificamente valida per salire verso la perfezione spirituale e realizzare la vera identità di Figli di Dio, inviati temporaneamente in questo mondo per una purificazione della mente e del cuore affinché si possa ritrovare la matrice del nostro Essere.
Questa sperimentazione di immedesimarsi con l’immensità divina la troviamo negli scritti di grandi mistici del Cristianesimo, in Origene, in Scotus Erigena, in S. Giustino di Alessandria, in Enrico Suso e tanti altri. Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, noi accettiamo una teologia pluralistica e tutte le forze spirituali del mondo si riuniscono come forza dinamica per diventare un contrappeso che neutralizza e vince il materialismo dialettico tanto nella forma marxista quanto nella forma delle forze empiriche.
Vale la pena di studiare questi fenomeni psicologici e parapsicologici dello sviluppo della consapevolezza umana,
dalla vita dei cinque sensi fino all’altissima estasi dell’immedesimazione della anima con la sovranima, dell’uomo con Dio, della goccia d’acqua con l’oceano della consapevolezza; S.Tommaso d’Aquino personifica l’estasi beatifica quando il conoscente, il conosciuto e la conoscenza diventano un solo oceano di gnosi luminosissima.
La venerazione per Francesco d’Assisi delle famiglie Indù, buddhiste, jainiste, zoorastriane è anche dovuta al fatto che l’India, storicamente parlando, non si è mai piegata davanti ai re, imperatori, soldati o grandi generali della classe militarista e neppure alla plutocrazia dei capitalisti, quella dei grandi Maharajà, prima dell’Indipendenza del paese dal giogo britannico nel 1947. Ma l’India, madre delle religioni, antichissima culla del monachesimo e delle scienze esoteriche, della psicologia teosofica e dell’antroposofia, ha sempre venerato, amato accettato come suoi i santi, i chiaroveggenti, i profeti di tutto il mondo perché sono considerati come l’incarnazione della bontà divina.
E’ per questa tradizione che noi troviamo S. Francesco, venerato presso gli induisti, i buddisti ed i seguaci di tutte le religioni del mondo; al di là delle dottrine tipicamente cristiane o cattoliche tutti gli uomini sono attratti dalla personalità di Francesco, per la sua profonda umanità, per la purezza della sua vita, ma soprattutto per l’Amore Universale trascendente ed incandescente che effuse su tutte le creature dell’Universo, questo vero tempio dell’immenso Dio.
Poiché le filosofie e le religioni dell’India scaturiscono da un profondissimo contatto con la natura, sentita come madre, si comprende perché Francesco è il santo più vicino al cuore dell’India e di tutte le religioni che sorsero nel seno di questo popolo.
Il concetto di incarnazione è molto familiare in India e perciò San Francesco viene considerato come un’incarnazione dell’Amore Universale di Dio che con devozione amorosa emancipa lo spirito dell’uomo.
Mentre per i cristiani ortodossi, siano essi cattolici, protestanti o ortodossi di varie confessioni, esiste una sola incarnazione di Dio, nella storica figura di Gesù, in India si riconoscono 10 incarnazioni classiche nel passato, i Dashavatara, alle quali si aggiunsero altre come Krishna, Rama, Budda, Cristo ed altri.
In India si accetta anche la figura di Cristo come incarnazione di Dio e S. Francesco come raggio dello stesso, mentre il Cristianesimo occidentale ufficialmente non riconosce altra incarnazione del divino all’infuori di Cristo.
I valori religiosi sono in stato di decadenza in Occidente e lo sbandamento generale cui noi assistiamo non sono altro che le doglie del parto di una rinascita spirituale nella storia dell’Umanità.
”Vidi un nuovo cielo ed una nuova terra” disse nella sua visione apocalittica S. Giovanni.
In questo nuovo ordine di “cieli nuovi e nuova terra” ci chiediamo quale sia il contributo, che oltrepassa i confini della chiesa Occidentale e cattolica per giungere ad un cattolicesimo globale, talmente universale che nell’unico amore di Dio abbracci tutto il mondo. A questo ideale di cattolicità, che trascenda ed oltrepassi i confini del Cristianesimo storico dell’ Occidente, il misticismo di Francesco può offrire un contributo grande e positivo.
L’idealismo teocentrico e Cristocentrico di Francesco è il ponte che unisce l’Italia all’India, il Cristianesimo Cattolico al mondo indo-buddista, la città eterna di Roma con Varanasi.
S. Francesco ai suoi tempi, pur non ereditando l’apertura religiosa che caratterizza i nostri giorni, predicò Cristo sia ai pagani d’Europa, sia ai maomettani dell’Egitto attraverso un cuore pieno di Amore e di compassione verso tutte le creature.
Francesco, yoghi dell’Amore divino Universale, ha trovato posto nel cuore degli Indù e dei buddisti ed il Mahatma Gandhi lo ha così definito:
”La vita di S. Francesco è la copia simile a quella di Cristo. Se S. Francesco è l’essenza del Cristianesimo allora io sono cristiano. Egli non fu un’esclusivista come molti missionari, ma un ricercatore di Dio nelle Creature e delle Creature nel Creatore. Quale serafico amore scaturì dal cuore di Francesco d’Assisi! Se i cristiani fossero come Cristo, o come S. Francesco, la terra sarebbe un Paradiso.”
Spinti dall’impegno di creare nuovi ponti tra le religioni d’Oriente e d’Occidente, superando le muraglie che le religioni esclusiviste hanno costruito, comprendiamo le parole di Giovanni XXIII:
“Ricerchiamo quello che ci unisce, dimentichiamo ciò che ci divide, aiutiamoci a creare un unico mondo, con un unico Dio Padre, un’unica cittadinanza religiosa e civile, unendoci in un unico Amore universale :il regno di Dio sulla terra.”
(tratto dal libro di P. Anthony Elenjimittam ”Francesco: lo yoghi dell’Amore cosmico” Ed.ni L’Era dell’acquario.)